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sabato 12 luglio 2008

A Prosecco, please

Adesso non avrete problemi ad ordinare lo spumante italiano, coltivato tra le colline di casa, anche oltreoceano. E se il barman storce la bocca e assume un’aria perplessa, la colpa è tutta sua: il Prosecco è entrato anche nel primo dizionario americano. Non ci sono scuse.

Spesso accade che siano le parole straniere ad entrare nel vocabolario italiano. A volte succede il contrario, che siano i termini italiani a meritarsi uno spazio sui dizionari degli altri paesi. Segno che la nostra lingua è ancora viva. In quei casi c’è da brindarci su…

A maggior ragione se il vocabolo in questione non è altri che Prosecco. Il nome, che identifica il vitigno coltivato tra Conegliano e Valdobbiadene, è diventato così popolare negli Stati Uniti da entrare nella nuova edizione del Merriam - Webster's Collegiate Dictionary. Nell'opera vengono pubblicate esclusivamente le parole straniere divenute di uso comune.

Il rovescio della medaglia è che il Prosecco sta diventando troppo famoso e il termine rischia di essere usato per definire il vino con le bollicine in generale, perdendo la sua precisa identità.

Per difendere l’originalità del Prosecco potrebbe scendere in campo Alessandro Del Piero, come testimonial del prodotto. E’ questa la proposta del presidente della Coldiretti Fulvio Brunetta che, per festeggiare l’inserimento del vocabolo Prosecco nel dizionario Usa, ha invitato il calciatore ad un brindisi pubblico, magari in piazza dei Signori a Treviso, con un bel messaggio "Per la difesa del Made in Italy abbiamo bisogno di aiuto in attacco”.

venerdì 27 giugno 2008

Oibò Borsò

Ritorno sull’argomento della scelta dei nomi dei locali notturni che ho già trattato in un post precedente. Questa volta per evidenziare un esempio positivo.

Il locale in questione si chiama Borsò e ha appena aperto. Il nome non è sicuramente banale. Si potrebbe obiettare che, ad una prima lettura, sembra difficile individuare un rimando associato al termine, un collegamento che riveli un secondo significato. Ma, se si è curiosi, si scopre che dietro c’è tutta una storia. Segno che per una volta si è riflettuto sul naming.

Il termine Borsò è l’adattamento locale dell’originale francese Borseaux. Indicava un pergolato estivo, in origine frasca con successiva balera molto in voga negli anni ’20. La parola finì per identificare, per estensione, un preciso luogo di ritrovo e socializzazione a San Polo di Piave sulle sponde del fiume Lia che rispondeva a queste caratteristiche.

In quello stesso luogo ora risorge il locale che eredita il nome dal passato, ma vuole anche proporsi come trait d’union tra tradizione e nuovi modi del vivere essenziale. Borsò presenta una cucina della memoria rivisitata in un ambiente minimal contestualizzato alla storicità del luogo, Serve i piatti tradizionali, alleggeriti nella tecnica, veloci da preparare con prodotti stagionali e curati da una presentazione moderna.

mercoledì 23 aprile 2008

Tesoro, mi si è ristretto il nome

Spazio, ultima frontiera dal naming selvaggio. Se pensate di essere intelligenti o spiritosi allora anche voi dovete scegliere per la vostra attività un nome composto da un insieme di parole scritte e pronunciante tutte attaccate. Basta togliere gli spazi e il gioco è fatto.

Si sta diffondendo in provincia di Treviso un tremendo virus al quale non riescono a sfuggire ristoranti, cocktail bar, pizzerie... Questa volta però la meningite non centra. Chi lo contrae perde per sempre gli spazi che normalmente separano una parola dall’altra, dando vita a incomprensibili titoli. Un caso poteva essere isolato, due una semplice coincidenza, tre cominciano a diventare una moda. Preoccupante.


Fino a poco tempo fa sembrava d’obbligo per discoteche darsi un nome femminile, tipo Margot, Priscilla, Fujiko, Naomi. Oggi la tendenza è eliminare gli spazi di separazione. Ben tre locali vi hanno già rinunciato: Laltrogusto (cocktail bar a Cessalto), Piaceridigola (ristorante self service a Oderzo) e Langolodivino (wine bar a Treviso). Se quest’ultimo è in parte giustificabile, cerca di giocare sul doppio significato di vino e divino, per gli altri non ci sono scuse. Se non un incomprensibile gesto creativo del gestore. D'altronde il nome non è poi così importante…