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domenica 14 giugno 2009

Ri-Posizionamento

Tempo fa avevo cominciato ad interessarmi ai motori di ricerca. Forse uno dei primi lavori che mi vennero commissionati quando iniziai a lavorare come free lance fu la stesura di testi per migliorare il posizionamento di un sito internet in base a determinate parole chiave. A distanza di alcuni anni torno a scrivere per motori di ricerca. A dimostrazione dell’importanza che la parola continua ad avere in internet.

Se da un lato sulla rete si parla sempre più spesso di contenuti diffusi attraverso i video, dall’altro il modo attraverso cui gli utenti accedono alle pagine web è una ricerca in base alle parole chiave, usando soprattutto Google. Perciò la presenza o meno di determinati termini attinenti all’argomento ricercato su un sito fa la differenza. A meno di non adottare altre strategie di visibilità e promozione, come ad esempio Adwords, banner o newsletter.


Per posizionarsi meglio sui motori di ricerca serve un search engine copywriter che scriva dei testi originali, costruendoli intorno a specifiche parole chiave (keywords). Non è un lavoro particolarmente creativo. Non è necessario creare titoli ad effetto che attirino l’attenzione, come in un banner, o un contenuto evocativo in grado di suscitare particolari emozioni. L’importante è scrivere un testo, meglio se di una certa lunghezza, e cercare di inserire e ripetere alcune parole chiave. Possibilmente senza essere troppo noiosi.

sabato 23 maggio 2009

Caorle contro la Coca Cola

Andiamoci piano con le parole. A volte anche una frase apparentemente innocente e priva di riferimenti specifici può venire mal interpretata.

L’ultimo spot pubblicitario di Coca Cola in onda in televisione e in radio è uno dei primi che risente del clima di crisi. Propone una riscoperta delle cose semplici. Il messaggio non è una scontata promessa di risparmio o di riduzione del prezzo, ma un invito a ritrovare i piaceri genuini, di tutti i giorni. La voce guida è affidata ad una bambina, Giulia, che dice di preferire la vacanza dalla nonna piuttosto che nel resort.

Lo spot, per altro già parodiato in rete, ha scatenato le ire del sindaco di Caorle Marco Sarto. La frase sugli alberghi di lusso gli è andata di traverso. “Uno spot così è deleterio” ha dichiarato. “La Coca Cola dovrebbe fare più attenzione ai messaggi che divulga. Come sindaco di una città turistica lo trovo a dir poco inopportuno anche dal punto di vista della tempistica. Tutti gli operatori turistici e il mondo della ristorazione hanno investito nelle proprie strutture e nella promozione”. Il sindaco invita inoltre la Coca Cola a ritirare lo spot tv e sostituirlo con uno (fuori dal tempo) che associ la bibita con il piacere della vacanza e magari alla solita famiglia felice.

Al primo cittadino di Caorle si è poi aggiunto il presidente leghista della provincia di Treviso, Leonardo Muraro: “sono solidale con Sarto, il messaggio della serenità in famiglia è apprezzabile, ma si può vivere felici in famiglia anche girando a visitare località affascinanti”. Nessuno, però, ha mai detto che la casa della nonna non fosse al mare…

sabato 31 gennaio 2009

La sfida alle 6 parole

La brevità sembra essere uno degli imperativi della vita moderna. Anche in campo letterario si stanno moltiplicando le iniziative in questa direzione. L’Espresso rilancia anche per Italia l’ultima tendenza editoriale americana: scrivere un romanzo che più minimal non si può, di sole 6 parole.

All’inizio L’Espresso aveva invitato gli scrittori italiani a mettersi alla prova con questa sfida d’inventiva e equilibrismo letterario. Con buoni risultati. Ad esempio propongono due divertissment Stefano Benni (Scrittore, si, uccide, ossessionato, dalle, virgole) e Pulsatilla (Si consideri assunta. Ora può rivestirsi). Ma ci sono anche versioni più serie come Aldo Nove (Oggi non c'è più domani) e Luca Bianchini (Non voleva vivere, ma si arrese). Non si è impegnato molto, invece, Linus, riciclando lo slogan "Radio Deejay, one nation, one station”.

Ora il concorso è aperto a tutti. Basta scrivere una mini-storia, usando non più di 6 parole. Le opere vengono pubblicate sul sito dell’Espresso e poi sottoposte al giudizio popolare, con un voto (sempre via internet) per scegliere la migliore. Fatevi sotto.

mercoledì 24 dicembre 2008

Parole di burro

Recentemente mi è capitato di intervistare due giovani cuochi. Il background era comune: entrambi sono nati e, dopo diverse esperienze, cucinano in ristoranti del Nord Est. Ma lo stile comunicativo delle risposte non poteva essere più divergente.

Il primo, Terry Giacomello, ha lavorato per 3 anni in Spagna al El Bulli, la creatura gastronomica di Ferran Adrià, probabilmente il miglior ristorante al mondo secondo la guida Michelin. Perciò ti aspetteresti uno chef tanto elegante nelle portate quanto nelle parole. Invece, forse perché è stato a diretto contatto con il verbo del profeta, si esprimeva pressoché per slogan. Come: “la mia cucina è tecnico-emozionale” o “l’Italia manca di cultura gastronomica”. Lì per lì fanno un bell’effetto, ma sono poi difficile da rendere in una intervista che cerchi di essere discorsiva e non troppo frammentata come un rap. Mancavano di approfondimento.

Quello che non ti aspetti è Michele Cella, vincitore del prestigioso Alma Viva Awards, il premio dedicato ai giovani cuochi italiani, istituito da Gualtiero Marchesi. Sono rimasto molto stupito dalla sua capacità di descrivere i piatti che aveva creato per il concorso, spiegandomi le particolarità e tecniche che aveva impiegato. Un cuoco così non si mangia certo le parole.

sabato 1 novembre 2008

Mini gonna, maxi titolo

Le regole, si sa, sono fatte per essere violate. E non c’è maggior trasgressore di Oliviero Toscani. Ancora una volta è riuscito a far parlare di sé, più che del prodotto che doveva promuovere.

A differenza di altri non mi soffermo sulla scelta dell’immagine della campagna pubblicitaria per il lancio della nuova Unità (una ragazza in minigonna di spalle per un quotidiano progressista ed egalitario), ma sulla parte testuale.

Toscani sembra aver trasferito tutti gli input del briefing, senza filtro e riflessione, direttamente sul manifesto. Sparpagliati lì, privi di un ordine di lettura, ci sono 14 aggettivi, tutti al femminile, usati per descrivere il giornale.


Delle poche regole che ho imparato sul copywriting ce n’è una che invita ad essere brevi ed incisivi, a preferire headline non troppo lunghe, di quattro, cinque parole al massimo. Senza scomodare Calvino e le sue “Lezioni americane”, dove suggeriva semplicità ed essenzialità, basterebbe citare il detto popolare “a buon intenditore poche parole”…


Usare per una headline ben 14 (quattordici) parole senza nessuna congiunzione, che non formano una frase di senso compiuto mi sembra eccessivo. Mi immagino l’effetto di spaesamento che proverà l’ipotetico lettore davanti a questo cartello. Ma cosa mai capirà?

sabato 19 luglio 2008

E’ nell’aria

L’altro giorno mentre ero in macchina ho sentito casualmente uno spot radiofonico che avevo scritto l’anno scorso per la catena di negozi di abbigliamento Pellizzari. Li seguo nei testi per conto di un amico designer: Zaven.

Sorpresa e compiacimento sono state le prime sensazioni. La sorpresa è stata grande, come per tutte le cose inaspettate. L’anno scorso, quando ho composto i testi, forse non ero completamente obiettivo, anche se lo spot radio mi piaceva molto. Quando ci si impegna in un lavoro, spesso, si tende ad essere indulgenti verso se sessi e considerare bellissime le parole trovate. Per questo è sempre meglio chiedere il parere di qualcuno di fidato prima di passare alla registrazione.

Mi sono anche stupito che il testo sia ancora attuale. C’è stata solo una piccola riedizione per cambiare la data di inizio della promozione. Lo spot era stato fatto in occasione dei saldi della passata stagione. E’ un argomento non facile da trattare si vuole cercare di creare qualcosa di creativo e non limitarsi a dire: saldi del 30%. Invece il cliente voleva proprio qualcosa di diverso e fresco. Ne è venuto fuori un spot che gioca con le parole tra italiano e inglese. Molto glamour, ma per una azienda che vende abbigliamento va benissimo. Anche a distanza di un anno.

sabato 12 luglio 2008

A Prosecco, please

Adesso non avrete problemi ad ordinare lo spumante italiano, coltivato tra le colline di casa, anche oltreoceano. E se il barman storce la bocca e assume un’aria perplessa, la colpa è tutta sua: il Prosecco è entrato anche nel primo dizionario americano. Non ci sono scuse.

Spesso accade che siano le parole straniere ad entrare nel vocabolario italiano. A volte succede il contrario, che siano i termini italiani a meritarsi uno spazio sui dizionari degli altri paesi. Segno che la nostra lingua è ancora viva. In quei casi c’è da brindarci su…

A maggior ragione se il vocabolo in questione non è altri che Prosecco. Il nome, che identifica il vitigno coltivato tra Conegliano e Valdobbiadene, è diventato così popolare negli Stati Uniti da entrare nella nuova edizione del Merriam - Webster's Collegiate Dictionary. Nell'opera vengono pubblicate esclusivamente le parole straniere divenute di uso comune.

Il rovescio della medaglia è che il Prosecco sta diventando troppo famoso e il termine rischia di essere usato per definire il vino con le bollicine in generale, perdendo la sua precisa identità.

Per difendere l’originalità del Prosecco potrebbe scendere in campo Alessandro Del Piero, come testimonial del prodotto. E’ questa la proposta del presidente della Coldiretti Fulvio Brunetta che, per festeggiare l’inserimento del vocabolo Prosecco nel dizionario Usa, ha invitato il calciatore ad un brindisi pubblico, magari in piazza dei Signori a Treviso, con un bel messaggio "Per la difesa del Made in Italy abbiamo bisogno di aiuto in attacco”.