
A rompere il tabù ci ha pensato, con discreto scandalo, un piccolo comune dell’interland padovano. A Vigonza agli incroci stradali più trafficati (anche davanti ad un asilo e ad una scuola elementare) sono comparse carcasse di auto incidentate e striscioni con slogan anti-velocità. “Mettere la tragedia davanti agli occhi di tutti per far pensare”: questa è la riflessione che ha mosso l’ideatore della campagna choc Roberto Caon, consigliere comunale della Lega Nord con delega alla sicurezza.
Cinque auto rappresentano diversi tipi di incidenti e di ferite. Sotto ad ognuna uno slogan in dialetto: “Cori, cori forte, che dopo te cori co questa (una sedia a rotelle)”, "Non sta bere tanto; che dopo te te bevi ancha a vita”, “Stanchessa, droga e alcol te porta in sta dimora (un cimitero)”, “Tra la vita e la morte cossa preferissito? Basta droga e alcol”, “Ghetto tanta voja de farte pubblicità par sempre?”.
Il problema sta proprio nella scelta del linguaggio. Se, come dice il consigliere Caon, l’obiettivo era che “la gente si fermasse il tempo necessario a leggere, tradurre e comprendere il messaggio, ma soprattutto volevamo parlare ai giovani e agli anziani indistintamente, a chi è colto e a chi non ha studiato”, siamo proprio sicuri che nel 2009 il dialetto sia la lingua più universale in grado di raggiungere tutti, vecchi e giovani, istruiti e non istruiti, autoctoni e immigrati?
Nessun commento:
Posta un commento