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sabato 27 febbraio 2010

Guardare, vedere

Gioca sulle sfumature di significati tra termini apparentemente simili la campagna pubblicitaria lanciata per promuovere la mostra dedicata al pittore Cima da Conegliano.


Alcune mostre si vedono. Altre si guardano” è l’headline che campeggia nelle locandine, nei flyer e nelle maxi affissioni posizionate in alcuni punti ad alta affluenza di Conegliano. Vedere come sguardo sfuggente e veloce tra le sale di un museo non particolarmente interessante. Guardare come osservazione appassionata e approfondita dei quadri alla scoperta dei dettagli che appagano gli occhi e lo spirito.


Ma è anche un invito a scoprire un autentico poeta del paesaggio che per la prima volta guardò con occhi nuovi alla natura e al territorio. Cima è stato il primo artista che ha lasciato l'utopia del paesaggio ideale per restituire, invece, in scenari incantati, una
resa topografica e concreta dei colli trevigiani.

Alla mostra è associato anche un sito internet, dove però non viene ripreso lo stesso headline. Chissà perché nella homepage non c’è uno slogan e nella pagina interna è sostituito dal titolo “Dove l’amore per la propria terra si fa arte”.

sabato 30 gennaio 2010

Comunicazione et(n)ica

Se la quota di immigrati nella popolazione italiana cresce anche la comunicazione si adegua. Savno, azienda che si occupa dello smaltimento dei rifiuti nell’alto trevigiano, ha realizzato una campagna pubblicitaria destinata agli extracomunitari per sensibilizzarli alla raccolta differenziata.


Sui manifesti realizzati per la campagna ci sono i volti di 12 immigrati provenienti da diverse nazioni che, nella loro lingua di origine, comunicano lo slogan “Anch’io faccio la differenza!”. Il cittadino extracomunitario diventa protagonista della comunicazione. La scelta di utilizzare i volti degli stranieri, infatti, ha lo scopo di agevolare l’identificazione delle persone al messaggio veicolato.

I manifesti sono accompagnati da un manuale che contiene una descrizione dettagliata di tutte le tipologie di rifiuto, corredata da foto e disegni. I testi sono redatti sia in italiano sia in diverse lingue straniere per incentivare il più possibile l’integrazione degli immigrati e la comprensione.

Nel rispetto dello spirito ecologista dell’azienda, i depliant informativi non vengono distribuiti “a pioggia”, ma diffusi attraverso le strutture a cui abitualmente gli immigrati si rivolgono, come l’Informagiovani, il consultorio, la Caritas, lo sportello stranieri, la questura, gli uffici postali, i phone center.

sabato 30 maggio 2009

Chiaro, fresco, dolce copy

Le acque minerali sono tra i big spender della pubblicità italiana. Alcune si limitano a puntare su testimonial molto popolari (tipo la coppia Alessandro Del Piero e Cristina Chiabotto per Uliveto e Rocchetta). Altre hanno un approccio più creativo.

Mi ha sorpreso l’affissione pubblicitaria dell’acqua minerale Dolomia, le sorgenti sono a Cimolais in provincia di Pordenone. L’headline, "da qua a qua", è quanto mai geniale e semplice. Sottolinea la purezza dell’acqua, portata direttamente dalle sorgenti al consumatore in bottiglia, senza mediazioni. In più c’è un tocco di humour sempre apprezzabile. Lo slogan gioca sulla somiglianza tra il sostantivo “acqua” e l’avverbio di luogo “qua”. Il messaggio è rinforzato anche dal playoff “sai dove nasce, sai cosa bevi” e dalla scritta “naturale” che si legge in evidenza sulla bottiglia.

Anche la scelta dei colori è lodevole. Il bianco richiama il luogo selvaggio ed intatto delle sorgenti, montagne immerse nei grandi silenzi dei nevai perenni. Al limite trovo un po’ ridondante il titolo “oligominerale”, messo così in evidenza. Ma bisogna essere davvero pignoli.

Purtroppo a realizzare l’affissione non è stata una agenzia pubblicitaria locale, ma uno studio di Roma che non conoscevo (Made in Italy). Comunque bravi.

sabato 31 gennaio 2009

La sfida alle 6 parole

La brevità sembra essere uno degli imperativi della vita moderna. Anche in campo letterario si stanno moltiplicando le iniziative in questa direzione. L’Espresso rilancia anche per Italia l’ultima tendenza editoriale americana: scrivere un romanzo che più minimal non si può, di sole 6 parole.

All’inizio L’Espresso aveva invitato gli scrittori italiani a mettersi alla prova con questa sfida d’inventiva e equilibrismo letterario. Con buoni risultati. Ad esempio propongono due divertissment Stefano Benni (Scrittore, si, uccide, ossessionato, dalle, virgole) e Pulsatilla (Si consideri assunta. Ora può rivestirsi). Ma ci sono anche versioni più serie come Aldo Nove (Oggi non c'è più domani) e Luca Bianchini (Non voleva vivere, ma si arrese). Non si è impegnato molto, invece, Linus, riciclando lo slogan "Radio Deejay, one nation, one station”.

Ora il concorso è aperto a tutti. Basta scrivere una mini-storia, usando non più di 6 parole. Le opere vengono pubblicate sul sito dell’Espresso e poi sottoposte al giudizio popolare, con un voto (sempre via internet) per scegliere la migliore. Fatevi sotto.

sabato 10 gennaio 2009

Vigonza Shocking

Una grossa differenza tra le campagne sociali italiane e quelle dei paesi anglosassoni è la crudezza del messaggio. Quando studiavo all’università ebbi modo di vedere alcuni spot girati in Inghilterra e in Australia dove gli incidenti, dovuti all’alcol e alla velocità, venivano mostrati in modo esplicito con persone investite all’uscita dal pub o che, letteralmente, venivano travolte e volavano sopra il tettuccio della macchina. In Italia si preferiva una comunicazione indiretta come rivelare immagini di frenate sull’asfalto accompagnate dal rumore dello schianto o ricorrere a qualcuno che racconti gli incidenti fatti da altri. Credo che passi ancora in tv uno spot in cui Flavio Insinna fa da testimonial e descrive i cattivi comportamenti degli automobilisti.

A rompere il tabù ci ha pensato, con discreto scandalo, un piccolo comune dell’interland padovano. A Vigonza agli incroci stradali più trafficati (anche davanti ad un asilo e ad una scuola elementare) sono comparse carcasse di auto incidentate e striscioni con slogan anti-velocità. “Mettere la tragedia davanti agli occhi di tutti per far pensare”: questa è la riflessione che ha mosso l’ideatore della campagna choc Roberto Caon, consigliere comunale della Lega Nord con delega alla sicurezza.

Cinque auto rappresentano diversi tipi di incidenti e di ferite. Sotto ad ognuna uno slogan in dialetto: “Cori, cori forte, che dopo te cori co questa (una sedia a rotelle)”, "Non sta bere tanto; che dopo te te bevi ancha a vita”, “Stanchessa, droga e alcol te porta in sta dimora (un cimitero)”, “Tra la vita e la morte cossa preferissito? Basta droga e alcol”, “Ghetto tanta voja de farte pubblicità par sempre?”.

Il problema sta proprio nella scelta del linguaggio. Se, come dice il consigliere Caon, l’obiettivo era che “la gente si fermasse il tempo necessario a leggere, tradurre e comprendere il messaggio, ma soprattutto volevamo parlare ai giovani e agli anziani indistintamente, a chi è colto e a chi non ha studiato”, siamo proprio sicuri che nel 2009 il dialetto sia la lingua più universale in grado di raggiungere tutti, vecchi e giovani, istruiti e non istruiti, autoctoni e immigrati?

mercoledì 24 dicembre 2008

Parole di burro

Recentemente mi è capitato di intervistare due giovani cuochi. Il background era comune: entrambi sono nati e, dopo diverse esperienze, cucinano in ristoranti del Nord Est. Ma lo stile comunicativo delle risposte non poteva essere più divergente.

Il primo, Terry Giacomello, ha lavorato per 3 anni in Spagna al El Bulli, la creatura gastronomica di Ferran Adrià, probabilmente il miglior ristorante al mondo secondo la guida Michelin. Perciò ti aspetteresti uno chef tanto elegante nelle portate quanto nelle parole. Invece, forse perché è stato a diretto contatto con il verbo del profeta, si esprimeva pressoché per slogan. Come: “la mia cucina è tecnico-emozionale” o “l’Italia manca di cultura gastronomica”. Lì per lì fanno un bell’effetto, ma sono poi difficile da rendere in una intervista che cerchi di essere discorsiva e non troppo frammentata come un rap. Mancavano di approfondimento.

Quello che non ti aspetti è Michele Cella, vincitore del prestigioso Alma Viva Awards, il premio dedicato ai giovani cuochi italiani, istituito da Gualtiero Marchesi. Sono rimasto molto stupito dalla sua capacità di descrivere i piatti che aveva creato per il concorso, spiegandomi le particolarità e tecniche che aveva impiegato. Un cuoco così non si mangia certo le parole.

sabato 18 ottobre 2008

Casatella cerca slogan

La Casatella, il formaggio morbido tipico in provincia di Treviso, è alla ricerca di uno slogan (sarebbe più corretto dire payoff) con cui accompagnarsi nelle prossime occasioni ufficiali. Per trovarlo non si è affidata ad una agenzia di pubblicità, ma ad un concorso pubblico, aperto a tutti, esperti e non.

L’idea è del Consorzio per la tutela del formaggio Casatella trevigiana, in collaborazione con la Tribuna, uno dei quotidiani di Treviso. Se volete mettervi alla prova come copywriter per un giorno, non dovete fare altro che registrarvi sul sito e lasciare il vostro payoff. Si possono usare al massimo cinque parole, esclusi i termini “Casatella”, “Trevigiana” e “Dop”. Vengono contati sostantivi, aggettivi, verbi, pronomi, ma non articoli, preposizioni e congiunzioni. C’è quindi la possibilità di creare frasi piuttosto lunghe, anche se è sconsigliabile per non perdere l’immediatezza del messaggio e della lettura.


Sarà poi una giuria di esperti a scegliere i payoff migliori. Non si vince denaro, ma tanta buona Casatella naturalmente. C’è tempo fino al 30 novembre 2008. In bocca al lupo.

domenica 6 gennaio 2008

Testimonial di una frittata

Il testimonial è la tecnica che associa la testimonianza di un personaggio considerato autorevole (un esperto, una celebrità, un consumatore-tipo) per rafforzarne la credibilità di un prodotto.

Sull’uso di questa strategia l’opinione è controversa anche presso gli stessi pubblicitari. A volte “non funziona perché l’utente ricorda il testimonial e non il prodotto” secondo il parere di Milka Pogliani, presidente McCannErickson. A volte accade che il testimonial susciti reazioni negative. Alcune campagne pubblicitarie giocano sulla provocazione. Come nel caso di Marco Ahmetovic, il rom che investì e uccise quattro ragazzi vicino ad Ascoli, scelto come testimonial di una linea di abbigliamento. Ma cosa succede se a fare scandalo è Federazione italiana medici pediatri?

Novelli, uno dei principali gruppi alimentari italiani, per promuovere la linea Ovito ha scelto lo slogan "l'unico uovo approvato dalla Federazione italiana medici pediatri". Il testimonial sembrava perfetto per questo prodotto dalle caratteristiche particolari. Sono le uniche uova in Europa ad essere certificate perché non vengono usati coloranti sintetici e farine animali nei mangimi, sono consegnate entro 24 ore dalla deposizione, la data di confezionamento è segnata sul guscio. Invece il testimonial ha finito per rompere le uova nel paniere…

Un coro di polemiche si è levato tra consumatori, veterinari e medici che hanno contestato la scelta della Federazione italiana medici pediatri di favorire un particolare tipo di uovo. "Non trovo opportuno che un'associazione sindacale di professionisti spenda la propria sigla per una campagna pubblicitaria” ha fatto notare Amedeo Bianco, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici.

Sebbene l’iniziativa fosse del tutto lecita, nel settore alimentare non esistono divieti sull’uso dei testimonial a differenza di quanto accade per i medicinali, Novelli ha deciso di ritirare la pubblicità perché l’azienda non può permettersi di essere presa di mira. Rimante un banner nel sito internet che testimonia la bontà dell’uovo per i medici pediatri.