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Una grossa differenza tra le campagne sociali italiane e quelle dei paesi anglosassoni è la crudezza del messaggio. Quando studiavo all’università ebbi modo di vedere alcuni spot girati in Inghilterra e in Australia dove gli incidenti, dovuti all’alcol e alla velocità, venivano mostrati in modo esplicito con persone investite all’uscita dal pub o che, letteralmente, venivano travolte e volavano sopra il tettuccio della macchina. In Italia si preferiva una comunicazione indiretta come rivelare immagini di frenate sull’asfalto accompagnate dal rumore dello schianto o ricorrere a qualcuno che racconti gli incidenti fatti da altri. Credo che passi ancora in tv uno spot in cui Flavio Insinna fa da testimonial e descrive i cattivi comportamenti degli automobilisti.A rompere il tabù ci ha pensato, con discreto scandalo, un piccolo comune dell’interland padovano. A Vigonza agli incroci stradali più trafficati (anche davanti ad un asilo e ad una scuola elementare) sono comparse carcasse di auto incidentate e striscioni con slogan anti-velocità. “Mettere la tragedia davanti agli occhi di tutti per far pensare”: questa è la riflessione che ha mosso l’ideatore della campagna choc Roberto Caon, consigliere comunale della Lega Nord con delega alla sicurezza.Cinque auto rappresentano diversi tipi di incidenti e di ferite. Sotto ad ognuna uno slogan in dialetto: “Cori, cori forte, che dopo te cori co questa (una sedia a rotelle)”, "Non sta bere tanto; che dopo te te bevi ancha a vita”, “Stanchessa, droga e alcol te porta in sta dimora (un cimitero)”, “Tra la vita e la morte cossa preferissito? Basta droga e alcol”, “Ghetto tanta voja de farte pubblicità par sempre?”.Il problema sta proprio nella scelta del linguaggio. Se, come dice il consigliere Caon, l’obiettivo era che “la gente si fermasse il tempo necessario a leggere, tradurre e comprendere il messaggio, ma soprattutto volevamo parlare ai giovani e agli anziani indistintamente, a chi è colto e a chi non ha studiato”, siamo proprio sicuri che nel 2009 il dialetto sia la lingua più universale in grado di raggiungere tutti, vecchi e giovani, istruiti e non istruiti, autoctoni e immigrati?
Recentemente mi è capitato di intervistare due giovani cuochi. Il background era comune: entrambi sono nati e, dopo diverse esperienze, cucinano in ristoranti del Nord Est. Ma lo stile comunicativo delle risposte non poteva essere più divergente.
Il primo, Terry Giacomello, ha lavorato per 3 anni in Spagna al El Bulli, la creatura gastronomica di Ferran Adrià, probabilmente il miglior ristorante al mondo secondo la guida Michelin. Perciò ti aspetteresti uno chef tanto elegante nelle portate quanto nelle parole. Invece, forse perché è stato a diretto contatto con il verbo del profeta, si esprimeva pressoché per slogan. Come: “la mia cucina è tecnico-emozionale” o “l’Italia manca di cultura gastronomica”. Lì per lì fanno un bell’effetto, ma sono poi difficile da rendere in una intervista che cerchi di essere discorsiva e non troppo frammentata come un rap. Mancavano di approfondimento.
Quello che non ti aspetti è Michele Cella, vincitore del prestigioso Alma Viva Awards, il premio dedicato ai giovani cuochi italiani, istituito da Gualtiero Marchesi. Sono rimasto molto stupito dalla sua capacità di descrivere i piatti che aveva creato per il concorso, spiegandomi le particolarità e tecniche che aveva impiegato. Un cuoco così non si mangia certo le parole.
Ieri c’è stata la presentazione di una ricerca sulle imprese dell’area internet fatta dal Distretto DigitalMediale Veneto. Le premesse per un convegno interessante c’erano, ma i contributi non hanno aggiunto nulla di nuovo a quanto già si sapeva. Tranne l’intervento di Fabrizio Rauso di Alcatel che ringrazio per la definizione di millenians. Forse a Milano spopola, ma a Treviso non l’avevo ancora mai sentita.I millenians sono i ragazzi nati dopo il 1977, cresciuti con Internet, MTv, il telefonino, Nintendo Wii e ora anche Facebook. Quindi dopo la generazione X e quella Y c’è finalmente una etichetta per identificare i giovani protagonisti degli anni 2000. A questa nuova generazione devono essere in grado di parlare oggi le imprese e i siti internet. In realtà se si sostituisce a Facebook, il blog o la community e a Wii la Playstation non vedo grandi differenze rispetto a quello che si diceva 5 o 10 anni fa.
Altro risultato non particolarmente sorprendete è che le imprese digitalmediali siano giovani (il 72% è stato costituita dopo il 1996), abbiano fondatori giovani (meno di 44 anni) e attraggano dipendenti giovani (l’età media è 33 anni).
L’unica novità dell’indagine è la relazione tra le imprese internet venete e la crisi economica. Hanno una visione più positiva sul futuro rispetto al resto del sistema economico italiano, ritengono di avere le carte in regola per crescere, nonostante la recessione, e il 72% di loro pensa di incrementare il proprio organico nei prossimi 3-5 anni. C’è speranza insomma.
Questa è la settimana della cultura impresa. Dovrebbe servire alle imprese per valorizzare il loro patrimonio: oggetti, saperi e competenze conservati all’interno dei propri archivi e musei. Come spesso accade, però, le imprese, pur organizzando incontri intriganti, hanno difficoltà a comunicare con i potenziali interessati.
L’ho scoperta per caso partecipando ad un evento in comune con Creative R’evolution di Fuoribiennnale, ma non sono riuscito a seguirla. Non perché non avessi tempo, ma perché sul sito ufficiale c’era solo il programma nazionale. Credevo non ci fossero altri eventi sparsi sul territorio. Poi, invece, vengo a sapere che proprio a Treviso si teneva la presentazione di una monografia dedicata ai musei aziendali della regione Veneto. Purtroppo il giorno successivo alla conferenza. Vabbè.
Chiusa la piccola polemica, l’incontro a cui ho partecipato (Imprese da Musei) era molto interessante. Creare un archivio o un museo aziendale non è solo bello per se stessi, in una chiave autoreferenziale. Il padrone di casa, la splendida Villa Foscarini Rossi – sede del museo della calzatura a Stra, ha sottolineato come serva anche a vendere di più. Luigino Rossi ha sostenuto che presentare la storia, la tradizione, la ricerca di prodotto migliora il rapporto di business con i partner commerciali, i dipendenti e la forza vendita.Sulla stessa lunghezza d’onda anche Vittorio Tabacchi, presidente di Safilo. Alcuni anni fa aveva l’esigenza di promuovere un nuovo materiale anallergico con cui venivano fabbricati i suoi occhiali. La strategia adottata fu creare un museo itinerante che portasse in giro parte della più grande raccolta mondiale di oggetti legati alla vista dal medioevo ad oggi. Nelle convention e nelle catene di negozi vennero organizzate delle esposizioni sull’occhiale. Erano un mix tra la presentazione della storia e dell’evoluzione di Safilo e una mostra storica sull’occhiale tout court. Ebbero un grande successo.
Dal blog al web. Finalmente è pronto il mio sito internet: proclama.it, dove si parla, anche un po’ per immagini, dei miei lavori. Da tempo dovevo presentarmi professionalmente sul web: adesso il passo è fatto, grazie all’assistenza di Zaven con cui spesso collaboro per la parte grafica. Sul sito trovate il mio portfolio e una descrizione dei servizi che svolgo: copywriting, webwriting, gestione di siti internet e newsletter, consulenze per la comunicazione e il posizionamento sui motori di ricerca.
Diversi anni fa, quando nacquero i portali internet in Italia, mi sarebbe piaciuto lavorare in Virgilio. Si favoleggiava di una agenzia dove erano occupati centinaia di web writer per creare i contenuti e aggiornare le sezioni. Sembrava l’Eldorado per tutti quelli che, come me, volevano scrivere per il web. Poi scoppiò la bolla e tutto si ridimensionò.
A distanza di anni su Virgilio ci sono finito, anche se in quella mitica agenzia non ci sono mai entrato. Da qualche tempo gli articoli che scrivo per 2night vengono ricaricati anche sulla sezione local di Virgilio. Si tratta di una serie di canali, suddivisi per provincia, che aggregano notizie riprese, nel caso di Treviso, dalla Tribuna, da 2night e da altri siti di informazione, insieme ad annunci economici, elenchi di aziende e altri servizi. E’ comunque una bella soddisfazione vedere i propri testi pubblicati sul primo portale italiano.In questo periodo, sempre per 2night, è uscita anche la guida ai migliori locali dell’inverno. Due volte l’anno il magazine cura una edizione speciale. Ogni locale viene presentato con una recensione più estesa e una fotografia d’illustrazione. Nelle pagine di Treviso i testi e le foto dei locali, che quest’anno sono diventati 41, sono miei. La guida viene distribuita nei più importanti punti di ritrovo d’Italia.
Le regole, si sa, sono fatte per essere violate. E non c’è maggior trasgressore di Oliviero Toscani. Ancora una volta è riuscito a far parlare di sé, più che del prodotto che doveva promuovere.A differenza di altri non mi soffermo sulla scelta dell’immagine della campagna pubblicitaria per il lancio della nuova Unità (una ragazza in minigonna di spalle per un quotidiano progressista ed egalitario), ma sulla parte testuale.
Toscani sembra aver trasferito tutti gli input del briefing, senza filtro e riflessione, direttamente sul manifesto. Sparpagliati lì, privi di un ordine di lettura, ci sono 14 aggettivi, tutti al femminile, usati per descrivere il giornale.
Delle poche regole che ho imparato sul copywriting ce n’è una che invita ad essere brevi ed incisivi, a preferire headline non troppo lunghe, di quattro, cinque parole al massimo. Senza scomodare Calvino e le sue “Lezioni americane”, dove suggeriva semplicità ed essenzialità, basterebbe citare il detto popolare “a buon intenditore poche parole”…
Usare per una headline ben 14 (quattordici) parole senza nessuna congiunzione, che non formano una frase di senso compiuto mi sembra eccessivo. Mi immagino l’effetto di spaesamento che proverà l’ipotetico lettore davanti a questo cartello. Ma cosa mai capirà?